Le antiche varietà di fagioli che coltivo, raccontate in un articolo su Lira & Lira

antiche varietà di fagioli

Mi ha fatto molto piacere veder raccontata una parte del mio lavoro all’interno della rubrica “Colori e Sapori” del quindicinale locale Lira & Lira. Un’altra occasione per spiegare ciò che faccio come agricoltore oltre la canapa, con un accento ad una nuova visione di questo mestiere antico, messa in risalto dal titolo “Una nuova generazione di agricoltori”.
Ecco qui l’articolo integrale e, se volete, il PDF della pagina a me dedicata.


«Parliamo con Davide del suo progetto di recupero di antiche varietà di fagioli.

Davide, vogliamo innanzitutto scoprire quando nasce l’idea di dedicarti all’agricoltura e la scelta di uno stile di vita slow e più a contatto con la natura?

La mia attività non nasce da un’idea né da una moda. La mia è una scelta “ereditata”.
Provengo da una famiglia dal patrimonio contadino: da piccolo, durante le vacanze e nei fine settimana a Valli del Pasubio, ho imparato a comprendere e rispettare la biodiversità di questo territorio impervio ma generoso, selettivo e genuino. Ricordo mia nonna raccogliere uova tutte le mattine, sgranare fagioli, selezionare patate e raccogliere funghi e castagne, in generale prendersi cura della terra e di tutti i suoi parenti. Per queste e altre ragioni mi sento chiamato a custodire i terreni e i boschi che hanno sfamato per centinaia di anni i contadini delle Valli. Riflettere sulla fatica e dedizione dei miei avi montanari mi aiuta costantemente nelle tante difficoltà che sto affrontando in questi sette anni di agricoltura. Pensare a loro, alla loro resilienza e alla loro capacità di fare comunità mi da la forza di non abbandonare tutto e continuare il mio lavoro di portare avanti una azienda in montagna.

Ti stai dedicando, in particolare, alla coltivazione di fagioli, con attenzione al recupero di antiche varietà che erano state dimenticate. Quali sono?

Amo profondamente i fagioli perché mi ricordano la mia infanzia. Le antiche varietà di fagioli che coltivo le ho recuperate nei mercatini di scambio semi negli ultimi dieci anni, con particolare attenzione ai fagioli che venivano coltivati nelle prealpi venete.
Sono partito da 7 semi e sono quasi 30 le varietà che ho seminato finora. Anno per anno ho coltivato e selezionato i generi di fagioli che meglio si adattano ai campi che ho a disposizione. Sono 6 le varietà da produzione che ho scelto di portare avanti: La fagiola de me Nona (fagiola grande piatta bianca che abbiamo in famiglia da oltre 120 anni), il fagiolo Zazza, i fagioli Dihipli, il fagiolo Trecocci o Poverella, la fagiola del diavolo e le fagiole colorate. Fagioli coloratissimi con striature e disegni incantevoli, perfetti nei minestroni o in insalata, dal sapore di castagna fino a ricordare il sapore dei funghi nel bosco.

Cosa significa, in termini di sostenibilità e tutela del territorio, il recupero di antiche varietà di fagioli?

Il recupero di antiche varietà di fagioli è fondamentale per ripristinare la biodiversità agricola, che è andata quasi completamente perduta nell’ultimo secolo, e di conseguenza la sostenibilità di un territorio. Recuperare le varietà antiche è anche un antidoto alla perdita della ricchezza genetica dei semi antichi che di generazione in generazione i contadini hanno saputo preservare.
Un costante lavoro di difesa della biodiversità agricola potrebbe permettere la crescita di piccole realtà indipendenti e uniche, di comunità sostenibili. Mi auguro che nascano filiere corte che permettano la sussistenza di chi lavora e garantiscano del cibo genuino per il consumatore. Una filiera che permette di vivere, custodire e tutelare il territorio attraverso piccole realtà come la mia. Infine, penso che sia urgente fermare la costruzione di nuovi fabbricati di cemento armato in campi fertili e rendere non edificabili un buon numero di terreni. Abitare la montagna e vivere a contatto con la terra è una nuova opportunità in cui credo e penso che si possa migliorare la qualità della vita delle piccole comunità recuperando le pratiche economiche locali e ripristinando la memoria e i saperi di cui eravamo depositari.»